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Noi e la politica

Giuseppe Dossetti, uno dei padri costituenti italiani, ha saputo descrivere con una espressione provocatoria il male del nostro tempo: “la notte del noi”, l’incapacità cioè dei tempi di oggi di coniugare i verbi della nostra vita nella prima persona plurale, il “noi”. (...) Ma se fosse proprio la politica, l’arte dell’unità per antonomasia, la casa da dove rimettere in moto l’agire plurale? (Lucia Fronza Crepaz - Presidente Centro Internazionale Movimento politico per l’unità)

Non sono un politico né una persona specificamente formata sul tema.
Guardo i movimenti, i partiti, le istituzioni, le liste, i cittadini, dalla "finestra di casa mia" e medito, lo faccio da qualche anno, me ne prendo altri "X" per condividere i pensieri fatti.

Inizio ora, a pochi giorni dal voto per le amministrative del mio Comune.
C'è un bel fermento, incontri, comizi, assemblee e futuri sindaci che parlano di vicinanza al territorio, di mettersi a disposizione del bene comune, di ascoltare, di ascoltare... ma invero non vedo proposta nessuna strategia affinché il NOI torni protagonista.

Rimettere al centro il NOI mi pare debba essere priorità della politica, attraverso percorsi culturali/formativi si sviluppi e sostenga un'idea di comunità.
Perché solo un'insieme: la comunità può dire/comprendere il BENE.

Quali strategie per rimettere al centro il NOI?
Non esiste una risposta univoca né certa mi pare, penso si possano fare dei tentativi (senza per altro correre grandi rischi).

Dicevo che c'è fermento: incontri, dibattiti, ci si trova nei quartieri, nelle case private a discutere, mi chiedo perché non continuare su questa strada anche dopo le elezioni, portare la politica tra la gente oltre che chiedere alla gente di interessarsi di politica.
Portare nella case, nei quartieri, le questioni che si dibatteranno nei consigli comunali, farlo con lo stile del dialogo franco, con l'atteggiamento di chi cerca di condividere i problemi che si trova ad affrontare come amministratore.
Si tratta di attivare un processo reale di condivisione/informazione (fondendo i principi della democrazia rappresentativa con quelli della democrazia partecipativa).
Un processo che FA CULTURA, perché fa crescere sia chi lo implementa (arricchimento dei propri punti di vista) sia chi lo "riceve" (accrescimento della cultura civica).

FARE cultura/formazione è il primo compito, a mio avviso, della politica, per rimettere al centro il NOI e poter dire siamo/facciamo comunità.

Con presunzione, Ale.

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